domenica 25 ottobre 2009

Ainda




(Teresa Salgueiro by Maurizio Galimberti)

Vou dizendo
Certas coisas
Vou sabendo
Certas outras
São verdades
Amizades
Aventuras
Quem alcança
Mora longe
Da mudança
Do seu nome
Alegria
Vã tristeza
Fantasia
Incerteza
São verdades
São procuras
Amizades
Aventuras
Quem avança
Guarda o amor
Guarda a esperança
Sem favor
Ainda
Ainda
Ainda
Ainda


sabato 24 ottobre 2009

Parole chiavi del week-end




Otalgan
Flowers by Kenzo
Sakamoto
Forbidden Colors
Aria condizionata
Chagall
Lune
Violini
Uccelli
Blu
Cecina
Lavagna
Sorrisi
...
Crisi epilettica








mercoledì 21 ottobre 2009

Europa '51


Ieri sera avrei dovuto andare a fare la mia tradizionale ora di nuoto libero in piscina. Ma non c'avevo voglia. Così sono andato a cena nel mio solito "un posto per mangiare" e poi, visto che erano le 9 di sera e c'era uno spettacolo gratuito all'Arsenale, sono capitato per caso (non succede mai nulla per caso nell'universo!) a vedere un classico di Rossellini che ancora mi mancava: Europa '51.

Il film mi è piaciuto. Innanzitutto perché c'era una magnifica stupenda Ingrid Bergman. Ricordo ancora con piacere quanto era bella Isabella Rossellini quando partecipava la domenica pomeriggio all'Altra Domenica di Renzo Arbore. Ma sua madre è ancora più bella. E poi la storia mi ha toccato qualche corda perché ho confuso la protagonista e la sua supposta pazzia con una mia recente esperienza. E alla fine, forse, gli unici matti sono quelli rimasti fuori dal manicomio

Prima della proiezione del film c`è stata una bella presentazione di Adriano Aprà.

Le note qui sotto cono copiate dal sito dell'Arsenale. Se non fosse che ho già 7 libri sul comodino da leggere (di cui due già cominciati) mi sarei anche acquistato il libro citato qui sotto.



Nella primavera del 1969 a Pisa si è tenuto un convegno sul cinema di Roberto Rossellini, alla presenza dello stesso regista romano. “A quel dibattito, durato tre giorni, e coordinato da Gianni Menon e Adriano Aprà, presero parte studenti e giovani da tutta Italia, tra cui futuri registi, sceneggiatori, critici e direttori di festival. Ognuno portava con sé un bagaglio culturale e ideologico in formazione che permette di capire molto bene il fermento critico intorno al cinema italiano alla fine degli anni Sessanta. Soprattutto, di capire il ruolo enigmatico di un padre del cinema italiano, da più parti messo in discussione, come Rossellini.” (da Dibattito su Rossellini, nuova edizione a cura di Adriano Aprà, Edizioni Diabasis)

Il volume pubblicato all’epoca a cura di Gianni Menon - amico carissimo e socio fondatore dell’Arsenale - è stato per anni introvabile.
 
La nuova edizione del libro curata da Adriano Aprà viene presentata martedì 20 ottobre alle 17.30 alla Biblioteca Comunale di Pisa. Questa giornata rosselliniana si chiude con la proiezione del film Europa ’51, introdotto da Adriano Aprà (ingresso gratuito).

Europa ’51 è uno dei più controversi capolavori del regista romano, che all’uscita ha subito un linciaggio censorio e critico senza precedenti. Ingrid Bergman, santa e folle, decide di aiutare gli umili dopo il suicidio del figlio, oscillando tra Marx e Gesù, ed entrambi gli argomenti nel dopoguerra “erano una sorta di tabù intoccabile”, tanto meno potevano essere raccontati al cinema. Nessuno sembra aver ascoltato Rossellini che a proposito del film ha detto: “L’esperienza religiosa non l’ho mai avuta, dico la verità. (…) Non ho mai creduto, non ho mai avuto fede. Ho avuto, così, un momento molto drammatico nella mia vita quando ho perso un figlio che aveva nove anni. E allora, lì, logicamente mi sono posto delle domande. Mi sembra che per affrontare la morte c’è bisogno di una dose di eroismo gigantesco. Allora ho cercato disperatamente delle consolazioni. E dove lo trovi? Le trovi o nella realtà-realtà, cioè immaginare la vita come un fenomeno biologico di una precisione scientifica ecc., con tutte le sue coordinate; o nell’altro aspetto, che è tutto metafisico”.

martedì 20 ottobre 2009

Ponti e Locomotive




Chi sono questi loschi figuri?
E che cosa c'entrano con questo post?




giovedì 15 ottobre 2009

Amore per sempre




Perché bisogna prendersi un po' in giro.
E anche perché questa settimana, dopo aver acquistato l'ultimo libro della Ziche, devo anche ricordarmi di leggerlo (e non restare ad abbrutirmi davanti al PC).

mercoledì 14 ottobre 2009

C'era tutto un programma futuro che non abbiamo avverato


Dedicata a Francesca che un suo post mi ha fatto riflettere sul tempo
come nostalgia di quello che non c'è stato.



Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.

C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.

C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate.

C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.

È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende

perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.

Dio, è proprio tanto che piove
e da un anno non torno
da mezz'ora sono qui arruffato
dentro una sala d'aspetto
di un tram che non viene
non essere gelosa di me
della mia vita
non essere gelosa di me
non essere mai gelosa di me.

C'è un tempo d'aspetto come dicevo
qualcosa di buono che verrà
un attimo fotografato, dipinto, segnato
e quello dopo perduto via
senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
la sua fotografia.

C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle
è un giorno che tutta la gente
si tende la mano
è il medesimo istante per tutti
che sarà benedetto, io credo
da molto lontano
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai
accanto a te nuovamente
mano alla mano
che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.

Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.
(Ivano Fossati)


lunedì 12 ottobre 2009

Nettuno

Scricchiolavano come ossa rotte.
Abbandonate dal mare sul litorale della Versilia, tutte quelle fragili conchiglie si spezzavano una dopo l'altra, quasi gemendo come se fossero in vita, sotto le suola di gomma delle mie scarpe sportive.
Era un suono strano che, come una triste musica, faceva da sottofondo ai miei pensieri.
La luna piena, lassù in alto, faceva rimbalzare sul mare la sua pallida luce riflessa. Guardavo, senza però realmente vederli, quei magnifici luccichii, che saltellavano e si rincorrevano sull'apparentemente dolce superficie di quel mare che tante volte era stato testimone di attimi della mia vita.
Era stato proprio lì, davanti a me, che una splendida mattina di agosto, di ormai diversi anni fa, ero arrivato e mi ero fermato, accanto a una boa, con un pattino bianco come la neve e rosso come il fuoco. Ero lì assieme a "lei".
E sempre lì, ancorato alla boa, le avevo rivelato il mio amore, scoprendo, quasi con sorpresa, di essere ricambiato o, perlomeno, accolto.
Molte volte gli uomini che, sin da epoche remote. si sono autodefiniti cacciatori, in realtà altro non sono che piccole e, spesso, stupide prede.
Credono di essere forti. Credono di poter conquistare, per sempre, l'amore di una donna. Credono... Ma in realtà solo con il tempo si rendono dolorosamente conto che nulla è scontato, che niente è davvero così come sembra.
Quegli uomini poi che possiedono più sensibilità, come in fondo ho sempre creduto di avere anch'io, si gettano a capofitto nel vortice delle emozioni, come fa il pesce scartato dal pescatore che si rituffa felice nel suo mare. Ma, proprio come quel pesce, si accorgeranno di portare per sempre con sé una ferita straziante, come quella creata dall'amo del pescatore nella bocca del pesce. Una ferita che gli ha strappato un pezzo di anima.
E "lei" mi aveva gettato in mare, mi aveva abbandonato, e nel momento in cui avevo più bisogno che mi fosse accanto.
Il lavoro, da giovane imprenditore, come oggigiorno si dice, era partito bene. In molti mi avevano spinto a sfruttare a mio vantaggio quello che mi veniva detto fosse un mio talento.
Tanto che mi ero davvero convinto di avere un talento, uno di quelli che, come si credeva nei tempi antichi, gli dèi ti donano al momento della nascita.
E non si può andare contro al volere degli dèi: sarebbe un'offesa troppo grande.
Ma probabilmente li ho offesi ugualmente, in qualche modo, anche senza volerlo, senza esserne consapevole.
Nel giro di poco tempo la mia attività aveva iniziato a traballare. I debiti superavano i guadagni. Quelli che ingenuamente avevo considerato amici, con le scuse più assurde e banali, si erano dileguati nel nulla.
E nel nulla stavo sprofondando io.
Mentre gli "amici" sparivano, spuntavano - come funghi dopo la pioggia - i creditori.
Allora avevo tentato di arginare i debiti con altri debiti, Prima attarverso le vie istituzionali delle banche, che ovviamente, nel momento che hai davvero necessità del loro aiuto, ti gettano fuori a calci; ma sempre con garbo, sia chiaro.
Poi con gli strozzini, squali incrociati con avvoltoi e camuffati da esseri umani.
E, da quel momento in poi, la buca in cui sei caduto, si trasforma in un baratro senza fondo.
E "lei" in quei momenti era riuscita a pronunciare le parole più crudeli che le mie orecchie avessero mai ascoltato: "Non volermene, mi dispiace, ma non sento più niente per te. È inutile continuare a soffrire entrambi. Bisogna farsene una ragione. Purtroppo la magia dell'amore tra di noi non c'è più. è Tutto finito! Addio!"
L'avevo osservata, in silenzio, mentre preparava le sue valigie. Mentre si allontanava, senza uno sguardo. Mentre chiudeva la porta di casa, dentro di sé. Per sempre. Solo di questo ero certo: per sempre!
Allora a cosa serviva combattere ancora? Combattere di nuovo?
Certo, ripensandoci forse avevo le mie colpe. Avevo creduto negli dèi e nel loro aiuto. Avevo creduto nell'amore eterno, trascurando di comprendere a pieno tutto quel mondo che mi era sempre stato così incomprensibile e, spesso, distante. Quell'intero universo che si chiama donna. E "lei", sì, lei era proprio la donna. La mia donna che ora non c'era più!
La mia mente si stava ingarbugliando in tutti questi pensieri mentre i luccichii lunari continuavano a rimbalzare dalla superficie del mare ai miei occhi lucidi.
Quel mare notturno così calmo, ma così vivo, era invitante!
Mi attraeva a sé e, quasi senza rendermene conto, mi ero ritrovato con l'acqua alle ginocchia.
Non era fredda, tutt'altro. Sentivo su tutto il corpo una specie di benessere e iniziai, coscientemente stavolta, a camminare in avanti verso quel mare misterioso e accogliente. Lo avevo visto fare in un film. Ma quale era? Ma, non lo so, non lo ricordo. Comunque in quel film la protagonista iniziava a camminare dentro il mare, andando avanti, con lentezza, sempre più avanti, sino a quando l'acqua non la ricopriva totalmente, facendola scomparire con delicatezza.
Mi appariva come un dolce finale. La fine di una triste storia. la mia fine.
Sì, ecco, avevo trovato la soluzione. Entrare per sempre in quel mare che tanto mi aveva dato e a cui adesso donavo la mia vita. Il mio sacrificio volontario a quegli dèi che dovevo avere offeso.
Ormai l'acqua era già arrivata sopra la cintura dei miei jeans quando davanti a me, al chiarore della luna, vidi qualcosa che stava galleggiando sulla superficie del mare. No, non stava galleggiando: stava uscendo dal mare!
Mi bloccai. La paura assume forme strane. In quel momento la mia mente diceva al corpo di fuggire, ma il mio corpo se ne stava lì immobile, congelato come un merluzzo nel ghiaccio del supermercato.
Quel qualcosa intanto continuava a uscire dal mare e si faceva sempre più grande. Era una testa. Una testa umana. E continuava a venire fuori dall'acqua. Dopo la testa il collo e poi il corpo. Quella, che nel giro di pochi istanti era lì di fronte a me, era una figura femminile, sinuosa e affascinante. E mi fissava con occhi di un colore indefinito, limpidi come acqua pura. I capelli erano cortissimi, quasi inesistenti. Mi sembrava completamente nuda, ma forse era solo l'effetto del controluce creato dalla luna.
Inebetito completamente, credo di aver pronunciato balbettando frasi inutili: "Chi sei? Cosa vuoi da me?"
La figura, senza pronunciare una sillaba, portò il dito indice della mano davanti al suo naso. Mi chiedeva silenzio.
La paura mi cresceva dentro come un cancro. Sentivo nello stomaco  qualche cosa che mi stava divorando. Sentivo il gelo scorrere nelle vene. Il sangue rallentare il suo percorso sino a fermarsi del tutto. E allo stesso tempo la testa scoppiare. I pensieri rimbalzavano dentro il cranio, da un punto all'altro, senza trovare modo di uscirne fuori.
Quell'essere, pauroso e affascinante, continuava a fissarmi. E i miei occhi non riuscivano a staccarsi dai suoi, come collegati da un invisibile filo d'acciaio.
Poi lentamente iniziò a scuotere la testa da destra a sinistra, di nuovo a sinistra e poi a destra. Era un no, dolce, ma perentorio.
Ero ancora immobilizzato dai miei stessi muscoli, quando lei sollevò di nuovo la mano, allungò il dito indice e se lo portò alla bocca poggiandolo sulle labbra. Poi allungò il braccio verso di me. L'odore del salmastro era come esploso, mi entrava nelle narici provocandomi dolore. Ogni singolo battito del cuore era come una pugnalata lancinante nel petto.
In un movimento unico la punta del suo dito toccò la mia fronte, proprio in mezzo agli occhi. Un calore che mai avevo sentito si sparse in tutto il mio corpo. Tutte le paure e le ansie svanirono in un istante.
Appena un attimo dopo mi girò le spalle e il suo corpo formò una silhouette meravigliosa sui luccichii lunari del mare. Così come era apaprsa, scomparve di nuovo, immergendosi lentamente nelle acque profonde e accoglienti che solo pochi secondi prima mi avevano tanto attratto.
Scricchiolavano come ossa rotte. Tutte quelle fragili conchiglie si spezzavano una dopo l'altra, dentro i miei pugni stretti.
Mi ritrovavo lì, bagnato e seduto sulla sabbia con in mano i pezzi di conchiglie marine, a guardare quel mare in cui volevo affogare le mie delusioni.
Ma adesso non più. Avevo compreso. Non era ancora arrivato il momento della fine. Gli dèi mi volevano ancora bene.
E ora so pure che Nettuno è donna. Che lo siano tutti gli dèi?
 
Giovanni Beani
da Storie di Mare / 1
Marco Del Bucchia Editore, 2009

Sabato ho fatto un giro al
Pisa Book Festival con le figlie.

Ho trovato un libro che cercavo da tempo. Poi ho curiosato tra i diversi espositori. Ho visto moltissimi libri interessanti. Sino a che sono capitato di fronte a un banco dove un signore dimesso non invogliava gli acquirenti nè con sconti nè con discorsi. Tra i vari libri esposti ce n'era uno che mi attirava. L'ho preso in mano e rigirato. L'ho lasciato. L'ho ripreso. Alla fine l'ho acquistato. È Storie di Mare / 1 , una antologia che contiene i racconti finalisti alla
prima edizione del premio letterario Il signore delle isole, dedicato a Gian Paolo Puccetti ed ispirato all'omonimo romanzo. Ieri ho cominciato a leggere i primi racconti. Questo qui sopra è uno dei primi. Non ha vinto. Ma mi è rimasto impresso per molti motivi. Innanzittutto è scritto da una persona che conosco (non lo conoscevo come scrittore ma come mago). E poi il racconto mi ha preso perché ha fatto vibrare molte corde della mia anima, una corda dopo l'altra come in un concerto.


venerdì 9 ottobre 2009

ore ventidue e trentanove

Su in valle, sopra la diga, un silenzio feroce.
L’ultima bava di ragno che teneva unita la frana al resto della montagna si rompe.
E la frana sta là.
Sul piano inclinato.
Non c’è più niente che la tiene attaccata al resto della montagna.
E poi va.


giovedì 8 ottobre 2009

Alegria

 



 

Allegria Come un lampo di vita
Allegria Come un pazzo gridar
Allegria Del delittuoso grido

Bella ruggente pena, seren

Come la rabbia di amar
Allegria Come un assalto di gioia


Allegria I see a spark of life shining
Allegria I hear a young minstrel sing
Allegria Beautiful roaring scream

Of joy and sorrow, so extreme

There is a love in me raging
Allegria A joyous, magical feeling


Allegria Come un lampo di vita
Allegria Come un pazzo gridar
Allegria Del delittuoso grido

Bella ruggente pena

Seren

Come la rabbia di amar
Allegria Come un assalto di gioia

Seren

Bella ruggente pena

Come la rabbia di amar
Allegria Come un assalto di gioia


Allegria Como la luz de la vida
Allegria Como un payaso que grita
Allegria Del estupendo grito

De la tristeza loca

Serena

Como la rabia de amar
Allegria Como un asalto de felicidad
 
 

 



Dedicato a chi mi ha fatto conoscere Alegria
e a tutti quelli che la amano
e anche a me stesso





mercoledì 7 ottobre 2009

Un anno senza estate


Le estati passavano rapidamente,
e spesso non lasciavano traccia;
forse ricordo meglio gli autunni e le altre stagioni.
Allora l'acqua diventava fredda,
era l'epoca delle ultime mareggiate che segnavano il cambio di stagione
ed era il momento che, spesso, ci trovava soli.

La grande mareggiata da ovest. Autunno 1965.



martedì 6 ottobre 2009

Ghost Dance




Crow has brought the message
to the children of the sun
for the return of the buffalo
and for a better day to come

You can kill my body
You can damn my soul
for not believing in your god
and some world down below

You don't stand a chance
against my prayers
You don't stand a chance
against my love
They outlawed the Ghost Dance
but we shall live again,
we shall live again

My sister above
She has red paint
She died at Wounded Knee
like a later day saint

You got the big drum in the distance
blackbird in the sky
That's the sound that you hear
when the buffalo cry

You don't stand a chance
against my prayers
You don't stand a chance
against my love
They outlawed the Ghost Dance
but we shall live again,
we shall live again

Crazy Horse was a mystic
He knew the secret of the trance
And Sitting Bull the great apostle
of the Ghost Dance

Come on Comanche
Come on Blackfoot
Come on Shoshone
Come on Cheyenne

We shall live again

Come on Arapaho
Come on Cherokee
Come on Paiute
Come on Sioux

We shall live again
(Robbie Robertson, Music for the Native Americans)

lunedì 5 ottobre 2009

En archè en o lògos




La cattedrale di Pisa, la notte, illuminata nel buio del Campo dei Miracoli, è di uno splendore unico. È pura poesia visiva. La migliore rappresentazione che se ne può avere, per chi non la può vedere dal vero a Pisa, è data dalle scene inziali di "Good Morning Babilonia" dei fratelli Taviani. Anche quelle scene pura poesia visiva!

Ieri sera me la sono goduta andando ad assistere ad un concerto della rassegna internazionale di musica sacra Anima Mundi.

Il concerto era diviso in due parti.

Nella prima parte veniva rappresentato "En archè en o lògos", il brano vincitore della IIª edizione del Concorso di Composizione Sacra Anima Mundi. Il vincitore è il giovanissimo (25 anni appena) Stefano Maria Torchio.



Il brano me lo sono ascoltato in θ ed è stato bellissimo. Mi sembrava di essere un aquilone che volava dentro la cattedrale, ancorato solo per il filo al mio corpo. Avrei voluto condividere con un amico o con una compagna il piacere che provavo in modo da poterlo poi ri-assaporare insieme. È una di quelle esperienze che va vissuta e goduta in due.

Nella seconda parte c'è stata invece una rappresentazione (voci recitanti, solisti, coro e orchestra) del "Cantico dei Cantici" orchestrata e diretta da Marco Frisina.

Una bella serata.


domenica 4 ottobre 2009

La parola chiave





Cerco la parola chiave nel dizionario della mia vita.


venerdì 2 ottobre 2009

Hibiscus syriacus





ROSE OF SHARON

(Eliza Gilkyson)




I am a rose of Sharon
A lily of the valley
As a lily grown among the thorns
Love in this world has found me
As an apple tree among the trees
That grow deep in the forest
My lover's form in comely
With life and limb most joyous

Rise up my love and come away
The rain is over and gone
Your love is the fruit of my darkest day
And I am your Rose of Sharon

His gentle hand lies under my head
His shoulders turn to face me
I shall not stir him from my bed
While he doth so embrace me
Oh bring me wine to pass the time
Though none but him can soothe me
I am my beloved's and he is mine
Desire for his pleasure moves me

Rise up my love and come away
The rain is over and gone
Your love is the fruit of my darkest day
And I am your Rose of Sharon



Dedicato a carladidi.

giovedì 1 ottobre 2009

Diecimila querce, mi dicevo, occupano davvero un grande spazio


Ieri mattina ero felice. Aspettando che aprisse la segreteria della primaziale per prendere gratis due biglietti per Anima Mundi di domenica ho fatto un giro fino a Piazza dei Cavalieri e, entrato in una libreria, un libretto mi ha chiamato e l'ho acquistato. Ieri sera l'ho letto. È L'uomo che piantava gli alberi di Jean Giono.

Il pastore che non fumava prese un sacco e rovesciò sul tavolo un mucchio di ghiande. Si mise ad esaminarle l'una dopo l'altra con grande attenzione, separando le buone dalle guaste. Io fumavo la pipa. Gli proposi di aiutarlo. Mi rispose che era affar suo. In effetti: vista la cura che metteva in quel lavoro, non insistetti. Fu tutta la nostra conversazione. Quando ebbe messo dalla parte delle buone un mucchio abbastanza grosso di ghiande, le divise in mucchietti da dieci. Così facendo, eliminò ancora i frutti piccoli o leggermente screpolati, poiché li esaminava molto da vicino. Quando infine ebbe davanti a sé cento ghiande perfette, si fermò e andammo a dormire.


Da tre anni piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva piantati centomila. Di centomila ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila contava di perderne ancora la metà, a causa dei roditori o di tutto quello che c'è di imprevedibile nei disegni della Provvidenza. Restavano diecimila querce che sarebbero cresciute in quel posto dove prima non c'era nulla.


Le querce del 1910 avevano adesso dieci anni ed erano più alte di me e di lui. Lo spettacolo era impressionante. Ero letteralmente ammutolito e, poiché lui non parlava, passammo l'intera giornata a passeggiare in silenzio per la sua foresta. Misurava, in tre tronconi, undici chilometri nella sua lunghezza massima. Se si teneva a mente che era tutto scaturito dalle mani e dall'anima di quell'uomo, senza mezzi tecnici, si comprendeva come gli uomi potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre alla distruzione.